Cos'è il mobbing?
Cos'è il mobbing?
Il termine Mobbing deriva dall’inglese e, più nello specifico, dalla voce del verbo “to mob” (assillare con violenza). Viene utilizzato inizialmente per descrivere, nel mondo animale, il comportamento violento tra due individui della stessa specie per escludere un altro membro dal gruppo. Allo stesso modo, in ambito lavorativo è infatti utilizzato per indicare un comportamento aggressivo nei confronti di un lavoratore. Tali condotte possono essere compiute dai colleghi o dai superiori, in questo secondo caso si parla di mobbing verticale, questo tema verrà trattato più nel dettaglio in un articolo successivo.
Per essere definite mobbing le condotte aggressive devono essere ripetute ed essere frequenti nel tempo per almeno 6 mesi. Gli esempi di questi comportamenti possono essere diversi come assegnazione di carichi di lavoro eccessivi o, al contrario, riduzione delle mansioni tanto da rendere umiliante il lavoro, frasi ingiuriose, aggressioni verbali, critiche continue anche per motivi banali, sia in pubblico che in privato, venire costantemente isolati dai colleghi, rifiuto continuo di ferie o permessi o possibilità che queste vengano assegnate in periodi non graditi, esclusione da benefici o incarichi, esclusione da possibilità di formazione, sottrazione di strumenti di lavoro, non fornire informazioni necessarie per il lavoro.
Definizione
Per parlare di mobbing le condotte sopra descritte (ma potrebbero essercene molte altre) devono essere attuate con l’intento di espellere la persona dal lavoro e devono avere su questa ripercussioni psicofisiche. A livello psicologico si può sviluppare un disturbo dell’adattamento, cioè una sindrome ansioso-depressiva in reazione all’evento stressante. Oltre a ciò, possono presentarsi anche conseguenze quali perdita d’autostima, depressione, insonnia, isolamento. Tali effetti non si presentano solo in ambito lavorativo ma vanno ad interferire anche con la vita privata della persona, arrivando, in un numero non trascurabile di casi, a portare al suicidio.
A livello fisico i sintomi possono essere numerosi, i più frequenti sono cefalee, gastriti, dermatiti, tachicardia, tremori, sudorazione.
A causa delle gravi conseguenze che il fenomeno del mobbing può portare, il datore di lavoro è obbligato a garantire un ambiente di lavoro sicuro, vigilando su qualunque condotta potenzialmente lesiva (di qualsiasi genere o entità) nei confronti dei lavoratori da parte di colleghi o superiori, come contenuto nell’art.2087 del Codice Civile. Il lavoratore dovrebbe quindi essere tutelato dal mobbing, ma come dimostrare di esserne vittima rimane un punto spinoso. Infatti si dovrebbe accertare che la salute della persona è peggiorata a causa del mobbing, ma anche accertare che i danni alla vittima siano stati perpetrati in maniera volontaria e con l’intento di allontanarla, contro la sua volontà, dall’ambiente di lavoro. Provare con certezza la presenza di queste due condizioni è molto difficile, cosa si può fare allora chi sente di essere vittima di mobbing?
Cosa fare se si teme di essere vittima di mobbing?
La prima cosa da fare è pensare al proprio benessere fisico, ma anche psicologico. Uno psicologo potrà aiutare la persona a costruire o migliorare le risorse personali che gli permetteranno di affrontare la situazione in modo positivo evitando, così, di prendere decisioni affrettate come licenziarsi o intraprendere via legali senza valutare le conseguenze che possono esserci. Un modo per aiutare a migliorare l’autostima e la sicurezza in sé è sicuramente migliorare le relazioni sociali riuscendo a non isolarsi e capendo l’importanza del sostegno di amici e parenti. In generale quindi la persona potrà imparare ad adattarsi all’ambiente di lavoro e sviluppare risorse che gli saranno utili nella situazione attuale e in quelle future.